Messa a terra ponteggi, quando e perché va fatta?
La messa a terra dei ponteggi è da sempre uno di quegli argomenti “ambigui”. Infatti il D.Lgs 81/08, almeno apparentemente, non fornisce esplicite indicazioni in tal senso. Andiamo allora a vedere più in dettaglio questo argomento.
La valutazione del rischio elettrico nei cantieri edili
La normativa vigente prevede che il datore di lavoro prenda le misure necessarie affinché i lavoratori siano salvaguardati da tutti i rischi di natura elettrica connessi all’impego dei materiali. Nonché delle apparecchiature e degli impianti elettrici messi a loro disposizione.
Con tale fine il datore di lavoro deve eseguire una valutazione specifica valutando vari aspetti. Anzitutto le condizioni e le specifiche del lavoro, ivi comprese eventuali interferenze. Nonché i rischi presenti nell’ambiente di lavoro e tutte le condizioni di esercizio prevedibili.
In seguito a tale valutazione del rischio elettrico il datore di lavoro adotta le misure tecniche e gestionali necessarie. L’obiettivo è azzerare o ridurre al minimo i rischi presenti. Occorrerà quindi trovare i dispositivi di protezione collettivi e non necessari allo svolgimento in sicurezza del lavoro. Bisognerà inoltre predisporre le procedure di uso e manutenzione atte a garantire nel tempo la presenza del livello di sicurezza raggiunto con l’adozione delle misure di sicurezza elettrica.
In questo contesto si ponte il problema della messa a terra dei ponteggi. Infatti il principio di fondo è che un oggetto metallico (massa) che può essere toccato dalle persone e che per difetto di isolamento potrebbero trovarsi sotto tensione deve essere collegate a terra.
Effettivamente quindi un ponteggio metallico potrebbe trovarsi in tensione per vari motivi. Ad esempio a causa di fulmini. Quindi può rappresentare una massa estranea che va collegata all’ impianto di messa a terra per offrire protezione contro le scariche atmosferiche.
L’impianto di messa a terra
Per garantire la sicurezza sul lavoro nei confronti del rischio elettrico in tutti i casi indicati prima si provvede alla realizzazione di un impianto di messa a terra. Questo serve dunque a stabilire un contatto elettrico efficiente con il terreno. Ciò allo scopo di condurre a terra le correnti elettriche. Un impianto di terra è costituito da:
- Dispersori (intenzionali o di fatto);
- Nodo o collettore principale di terra;
- Conduttore di protezione;
- Conduttori equipotenziali.
Vanno collegate all’impianto di terra tramite conduttore equipotenziale tutte le cosiddette “masse estranee”. Cioè quelle parti conduttrici, non facenti parte dell’impianto elettrico in grado di introdurre un potenziale, generalmente il potenziale di terra. Per ambienti “speciali”, quali i cantieri, sono da considerare masse estranee le parti metalliche che presentano una resistenza verso terra minore di 200 Ohm.
Quando va fatta la messa a terra dei ponteggi
Il ponteggio è un’opera realizzata principalmente in metallo. Può raggiungere dimensioni notevoli, Può inoltre essere soggetta al rischio di entrare in contatto con parti attive o essere colpita da fulmini.
Tuttavia la metta a terra non è per forza prevista per tutti i ponteggi. Resta a carico del datore di lavoro accertarne la necessità. Infatti l’art. 84 del D.Lgs 81/08 riporta:
Il datore di lavoro provvede affinché gli edifici. Gli impianto e le strutture. Nonché le attrezzature siano protetti dagli effetti dei fulmini realizzati secondo le norma tecniche.
Allora andiamo a vedere quali sono le situazioni in cui le norme tecniche prevedono la necessità del collegamento a terra. Nonché quali sono queste norme tecniche.
Caso 1
Il ponteggio è una struttura metallica di notevoli dimensioni ed è situata all’aperto. Deve quindi essere protetto contro i fulmini ai sensi dell’art. 84 D.Lgs 81/08 e All. IV punto 1.1.8.
In questo caso può essere necessaria la messa a terra del ponteggio in base alla analisi del rischio di fulminazione. Questa deve essere condotta in base alla norma tecnica CEI EN 62305 che stabilisce il fattore di rischio in funzione di:
- dimensioni;
- comune di installazione ( numero di fulmini annui e per km2 );
- tipo di suolo circostante (resistività);
- posizione. Ad esempio il ponteggio è montato in vicinanza di alberi o in cima ad una collina.
Caso 2
Il ponteggio è una massa che può andare in tensione e deve essere protetta contro i contatti indiretti. Questa particolare situazione può avvenire per vari motivi. Ad esempio se sul ponteggio sono presenti cavi non isolati a diretto contatto, la cui posa non può comunque essere ammessa. Ovvero ancora apparecchi isolati non di classe II.
Dove per apparecchi in classe II intendiamo ad esempio attrezzature a doppio isolamento. Queste attrezzature sono riconoscibile dal simbolo dei due quadrati concentrici.
In questo caso, per definizione, l’apparecchio è intrinsecamente progettato per non essere collegato a terra. Insomma, lui stesso in prima battuta non è una massa. Men che meno quindi potrà esserlo il ponteggio.
Chiaramente però per alimentare l’attrezzatura, quasi certamente l’operaio userà una una prolunga. Bene, se il cavo è H07RN-F (tipico), vale lo stesso ragionamento: trattasi infatti di cavo di classe II. Insomma, quando si ha a che fare con “roba” di classe II, il problema non si pone. In caso contrario invece bisogna approfondire.
Però è meglio precisare questo aspetto. Infatti gli apparecchi di classe I hanno solo un isolamento principale. Dunque in caso di cedimento dello stesso, il loro involucro diverrebbe una massa.
Per evitare problemi di questo tipo la norma allora prevede che queste attrezzature siano dotate di una messa a terra di protezione. La quale, attraverso il suo conduttore, finirà nell’impianto di messa a terra del cantiere (non del ponteggio).
Ebbene, la nota al punto 23.2 della norma CEI 64-8 dice che un ponteggio (parte conduttrice) a contatto con una massa (attrezzatura quale ad esempio un argano) non diventa massa.
Quindi, anche con la attrezzature di classe I non c’è motivo di mettere a terra il ponteggio. Se però per alimentare l’argano il lavoratore ha utilizzato i cavi unipolari senza guaina (quelli che corrono nelle pareti di casa per capirsi), beh in quel caso lo avrà sicuramente posato all’interno del suo tubo protettivo. In caso contrario la soluzione non è mettere a terra il ponteggio. Bensì infilare il cavo nel tubo protettivo, perché la posa non è a norma.
Caso 3
Il ponteggio è una massa estranea. Ovvero la sua resistenza verso terra risulta inferiore a 200 Ohm. Dunque per garantirne l’equipotenzialità deve essere collegato all’impianto di terra esistente.
Il collegamento verso terra del ponteggio deve essere fatto con conduttore equipotenziale con sezione di almeno 6 mm2. Di solito, se il terreno è formato da asfalto, ghiaia o roccia. Nonché pietrame o similari, il ponteggio presenta una resistenza verso terra superiore a 200 Ohm e non risulta essere una massa estranea.
In generale, per sicurezza, è opportuno che il datore di lavoro richieda la misura della resistenza del ponteggio verso terra.
La procedura per definire l’obbligo di messa a terra dei ponteggi è possibile seguire lo schema appena indicato valutando i tre casi indicati. Chiaramente il collegamento a terra dovrà essere certificato dalla ditta installatrice e comporta l’obbligo di:
- denuncia all’ASL/ARPA e all’INAIL (ex Ispesl);
- relativa verifica a cmapione dell’INAIL (ex Ispesl);
- verifica biennale da parte dell’ASP/ARPA oppure di un organismo abilitato.