licenziamento

Licenziamento lavoratore disabile? rischio discriminazione

Discriminazione indiretta in base al D. Lgs. 213/2003. Questo è il caso del licenziamento per superamento del periodo di comporto di un lavoratore il cui stato di malattia sia derivato da una situazione di disabilità di cui il datore di lavoro era già a conoscenza.

Di recente la Giurisprudenza si è affermata verso questo orientamento. La sentenza nr. 2857/16 del Tribunale di Milano sancisce che l’esercizio del potere di recesso si risolve nell’applicazione di una disposizione apparentemente neutra.

La normativa sul comporto. La quale però mette il lavoratore (disabile) in una posizione di particolare svantaggio.

La giurisprudenza sul licenziamento in questi casi

Questo determina. In base alle regole applicabili al caso. L’addossamento al datore di lavoro degli oneri probatori sul fatto che l’intero periodo di assenza del lavoratore interessato fosse assolutamente indipendente dalla malattia.

Mentre la Sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nr. 20012/2019. Stabilisce l’obbligo. In capo al datore di lavoro.

Di inviare una comunicazione preventiva/informativa nel momento in cui la scadenza del periodo di comporto è prossima.

Sostenendo inoltre che l’omissione dell’informativa configurerebbe un comportamento viziato da discriminazione indiretta. Nel caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto intimato al lavoratore che sia in condizioni di salute molto gravi (Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, 20012/2019).

Le indicazioni contenute nelle sentenze citate. Ispirati anche a principi giurisprudenziali comunitari (Cedu, 13 novembre 2007; Cedu 2013/335).

Lasciano qualche margine di dubbio. Laddove innestate nella fattispecie legale e contrattuale specifica oggetto delle controversie. In particolare nell’insieme delle previsioni dell’articolo 2110 del Codice civile e delle clausole dei Ccnl applicabili sul comporto per malattia.

L’impianto normativo e contrattuale italiano è strutturato per assicurare una piena tutela delle situazioni di possibile trattamento deteriore delle persone disabili nell’applicazione delle regole sul comporto. In ogni caso.

L’orientamento della giurisprudenza su questo punto non è univoco.

Si segnalano. In senso contrario alle due sentenze citate. Quelle del Tribunale di Parma del 17 agosto 2018 e del Tribunale di Milano 1883/2017.

Secondo cui non è discriminatorio applicare al lavoratore invalido lo stesso periodo di comporto previsto per tutti i dipendenti.

Il Ccnl ed il codice civile in tema di licenziamento

Il sistema combinato delle previsioni dell’articolo 2110 del Codice civile e dell’articolo 181 del Ccnl terziario. Applicato nel caso esaminato dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Ad esempio.

Offre gli strumenti di una significativa tutela per le situazioni riconducibili a quella della ricorrente. Con il richiamo della norma codicistica alla disciplina contrattuale collettiva e con il contenuto precettivo della relativa clausola contrattuale.

La previsione contrattuale concede al lavoratore due strade da percorrere in situazioni nelle quali sia necessario tenere in conto ogni possibile condizione patologica.

Attraverso una duplice richiesta di aspettativa. Questa può arrivare fino a 12 mesi per l’esistenza di gravi situazioni certificate. Ovvero per la necessità di terapie salvavita.

In ogni caso. Un attento esame della motivazione del licenziamento dimostra che i giudici milanesi. Nella ricerca della violazione dei principi comunitari non abbiano preso in considerazione.

Sia l’articolo 2110 del Codice civile. Sia le clausole contrattuali di riferimento della disciplina specifica del comporto.

In sintesi…

La circostanza qui sottolineata risulta ancora più evidente nella sentenza 1060/2018 del Tribunale di Mantova. Che ha comunque stabilito la sussistenza di una discriminazione. Depositata il 16 luglio 2018.

In tale sentenza si leggono varie informazioni. L’adesione ai predetti orientamenti giurisprudenziali nazionali e comunitari. Nonché la necessità di operare una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa in esame.

Ai sensi dell’articolo 3 della Costituzione. Inducono a ravvisare. Nella fattispecie. Un’ipotesi di discriminazione indiretta. Essendo stato contemplato. All’articolo 71 del Ccnl applicabile.

Sia per i lavoratori disabili. Nonché per i lavoratori non affetti da disabilità. Il medesimo periodo di comporto.

Quando il licenziamento è legittimo

Anche se non è un obbligo del datore di lavoro la comunicazione preventiva dell’avvicinarsi dello scadere del periodo di comporto.

Con la sentenza n. 20761/2018 infatti, la Corte di Cassazione ha stabilito che non grava sul datore di lavoro alcun obbligo di avvisare il lavoratore dell’imminente scadenza del periodo di comporto anche nel nuovo regime introdotto dalla Legge Fornero. Se non c’è un preciso obbligo contrattuale, il mancato preavviso non viola i principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto di lavoro, ma tale comunicazione servirebbe solo a consentire al dipendente di prolungare il periodo di assenza richiedendo ferie o aspettativa.

Nella fattispecie in esame, il lavoratore era stato licenziato per aver superato il periodo di comporto per malattia. Presentando ricorso in Cassazione contro le decisioni del Tribunale e poi della Corte di Appello, il lavoratore contestava la genericità della lettera di licenziamento nella quale il datore di lavoro non aveva comunicato il superamento del periodo di comporto e conteggiato le assenze.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore spiegando che il datore di lavoro può fornire solo indicazioni complessive, idonee ad evidenziare un superamento del periodo di comporto in relazione alla disciplina contrattuale applicabile, fermo restando l’onere di provare i fatti in sede giudiziaria.

Ciò vale anche nel regime successivo all’entrata in vigore della Legge n. 92/2012, che impone la comunicazione contestuale dei motivi di licenziamento, perché, secondo un ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale, ai sensi dell’ art. 2110 del codice civile, il licenziamento per superamento del periodo di comporto costituisce una fattispecie autonoma di licenziamento, diversa da quelle riconducibili ai concetti di giusta causa o giustificato motivo.

E quando non lo è

Tuttavia, però. Per un lavoratore affetto da gravi patologie, l’omissione è una violazione dei principi di correttezza e buona fede contrattuali.

Oltre che del principio di solidarietà ex articolo 2 della Costituzione. Senza l’avviso. Deve ritenersi dunque illegittimo il licenziamento intimato per superamento del comporto al lavoratore in condizioni gravi.

Tribunale S.M. Capua Vetere, sentenza 20012 dell’11 agosto 2019

Il comporto è uguale

L’adesione agli orientamenti giurisprudenziali nazionali e comunitari e la necessità di una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa. Inducono a ravvisare un’ipotesi di discriminazione indiretta poiché è stato contemplato.

All’articolo 71 del Ccnl applicabile al rapporto di lavoro. Sia per i lavoratori non disabili. Nonché per i lavoratori disabili il medesimo comporto. Benché i lavoratori disabili presentino maggiori fattori di rischio.

Tribunale di Mantova, sentenza 1060 del 16 luglio 2018

C’è discriminazione

Il licenziamento del lavoratore disabile per superamento del periodo di comporto non costituisce una discriminazione diretta. Bensì una discriminazione indiretta. Poiché l’esercizio del potere datoriale di recesso è applicazione si una disposizione apparentemente neutra (la normativa sul comporto) che però mette il lavoratore portatore di handicap in una posizione di particolare svantaggio.

Tribunale di Milano, sentenza 2875 del 28 ottobre 2016

Niente discriminazione

Nel rapporto di lavoro del personale con disabilità è esclusa la sussistenza di una discriminazione. Sia perché nessuna norma di legge prevede. In favore dei lavoratori disabili.

Un periodo di comporto più ampio rispetto a quello stabilito contrattualmente per tutti gli altri dipendenti. Sia perché di discriminazione può parlarsi solo se all’invalido è riservato un trattamento deteriore a causa della sua appartenenza alla categoria protetta.

Tribunale di Parma, sentenza del 17 agosto 2018

Disparità da provare

L’effettivo superamento del periodo di comporto esclude la possibilità di configurare un asserito intento discriminatorio.

La giurisprudenza di questa corte richiede allo scopo che costituisca il motivo unico e determinante l’individuazione del lavoratore appartenente alla categoria protetta. Oltreché, in ogni caso. Di discriminazione può parlarsi solo quando si configuri un trattamento deteriore riservato al lavoratore quale effetto della sua appartenenza alla categoria protetta. Cassazione, sentenza 21377 del 24 ottobre 2016