mascherine ffp2

Mascherine ffp2 e chirurgiche: quale protezione?

Quale dispositivo usare, le mascherine ffp2 o quelle chirurgiche? Proseguiamo il tema della protezione del personale sanitario. Vediamo come procedere. Di seguito riportiamo le principali evidenze scientifiche relative agli aspetti più rilevanti del problema.

Mascherine FFP2 e chirurgiche: prestazioni a confronto

La discussione scientifica riguarda prima di tutto il confronto fra la capacità di proteggere le vie respiratorie dalla penetrazione del virus offerta dalle mascherine FFP2, rispetto alle mascherine chirurgiche.

Per prima cosa si deve riflettere sul fatto che le prove di laboratorio. Nonché le prove pratiche di impiego e gli standard.

I quali devono essere superati per il collaudo dalle mascherine chirurgiche (UNI EN 14683:2019). Sono molto diversi da quelli imposti nel caso dei dispositivi di protezione individuale per la protezione respiratoria. Quali quelli fissati per le mascherine FFP2 (UNI EN 149:2009).

Questo a riprova del fatto che le prestazioni attese nei due casi sono molto diverse. Essendo diversi, fin dall’origine, gli scopi per i quali i due tipi di dispositivi sono progettati e fabbricati.

La mascherina chirurgica è finalizzata ad evitare la diffusione di secrezioni contenenti batteri da parte dell’essere umano che la indossa. E’ progettata e testata rispetto alla capacità di ottenere questo risultato.

Le mascherine FFP1 FFP2 e FFP3 sono finalizzati a proteggere le vie respiratorie della persona che lo indossa dall’ingresso di particelle pericolose. Sono quindi progettate e testate per verificare che rispondano a questo scopo.

Peraltro sono state fatte numerose prove sperimentali durante le quali si sono condotti test identici per entrambi i dispositivi.

Da tutte le prove è emerso che sia la capacità filtrante. Sia la tenuta alla penetrazione lungo i bordi. Sono di gran lunga maggiori nel caso delle mascherine FFP2, rispetto alle mascherine chirurgiche.

Le mascherine FFP2 e mascherine chirurgiche … i costi

Malgrado le evidenze, il dibattito relativo alla possibilità di utilizzare la mascherina chirurgica per la protezione degli operatori sanitari dalle infezioni respiratorie prosegue tuttora.

Fra i motivi non secondari della discussione in corso da tempo, vi è l’importante differenziale fra il costo che deriverebbe dall’uso delle mascherine chirurgiche. Con un prezzo di circa qualche centesimo. A confronto con il costo che deriverebbe dall’uso delle mascherine FFP2. Il cui prezzo ammonta a qualche euro.

Qualora fosse possibile stabilire un’efficacia protettiva analoga, i costi associati alla protezione degli operatori sanitari sarebbero notevolmente contenuti dall’adozione della mascherina chirurgica.

Peraltro deve essere valutato che, nella valutazione complessiva del rapporto costi – benefici, un fattore di grande peso è rappresentato dalla gravità della patologia da prevenire. E’ chiaro che il risultato di questa ponderazione deve essere diverso nel caso di malattie respiratorie lievi, oppure gravi.

Droplets, aerosol, via aerea

Il dibattito che si svolge sul piano scientifico è centrato soprattutto sull’importanza, nella trasmissione nosocomiale delle varie infezioni respiratorie, delle diverse vie di trasmissione. Attraverso droplets (goccioline provenienti dall’albero respiratorio del paziente, con diametro > 10 micron), attraverso aerosol o per via aerea.

Questi due termini, ai fini della presente discussione, vanno considerati equivalenti, e riguardano la trasmissione attraverso particelle provenienti dall’albero respiratorio del paziente, con diametro < 10 micron.

Infine contatto diretto tra le persone, oppure della persona con superfici e fomiti contaminati dalla deposizione delle particelle infette.

Si ritiene comunemente che i droplets. A causa delle loro maggiori dimensioni. Si depositino rapidamente sulle superfici circostanti.

Possano pertanto trasmettere l’infezione solo entro il raggio di 1-2 metri impattando direttamente sulle mucose di bocca, naso, occhi del soggetto ricevente.

Se un’infezione respiratoria si trasmette in ambito nosocomiale solo attraverso droplets. Le misure di protezione quali la distanza di 1-2 m dal paziente.

Ovvero, nella impossibilità di mantenere questo spazio, l’uso da parte degli operatori sanitari di mascherina chirurgica e visiera. Le quali arrestano i droplets, dovrebbero proteggere in modo adeguato.

Mascherine FFP2 per la protezione degli operatori sanitari

Invece la trasmissione attraverso aerosol o per via aerea si verifica quando le particelle infettanti di piccole dimensioni rimangono sospese a lungo in aria. Queste, trasportate dai moti convettivi, possono raggiungere distanze anche notevoli dal punto di emissione.

Ad esempio stanze di isolamento a pressione negativa per il paziente, e per gli operatori sanitari protezione delle vie respiratorie con mascherine FFP2.

Inoltre, date le dimensioni, possono penetrare in profondità nel polmone ed infettarne direttamente le cellule. Se per un’infezione si considera possibile la trasmissione attraverso aerosol o per via aerea, sono necessarie misure protettive molto più stringenti.

Queste ultime infatti sono costruite e poi testate per filtrare particelle di soluzione acqua-cloruro di sodio al 2%. Nonché particelle di olio di paraffina.

Con distribuzione compresa tra 0,02 micron e 2 micron del diametro equivalente e diametro medio di  0.6 micron. Con un flusso di 95 L/min, filtrandone almeno il 94%, con perdita attraverso i bordi non superiore all’11%. 

Attraverso il percorso necessario per la loro immissione in commercio viene comprovata la loro capacità di arrestare particelle. Queste ultime non possono essere filtrate in modo altrettanto efficace dalla mascherina chirurgica.

Di fatto le attuali indicazioni della WHO per la protezione degli operatori sanitari da COVID-19 si fondano su un presupposto. Cioè che nelle attività assistenziali routinarie la trasmissione dell’infezione avvenga attraverso droplets.

Dunque si ritiene che la trasmissione attraverso aerosol infetti sia rilevante solo quando gli aerosol sono prodotti durante specifiche procedure.

Di qui l’indicazione di proteggere le vie respiratorie con mascherine FFP2 solo quando esegue quelle procedure. Lo studio delle procedure è condotto soprattutto a seguito di valutazioni fatte a partire da studi sul contagio riguardanti outbreaks di tubercolosi e di SARS.

Ambiente ospedaliero e non: le cose cambiano molto

Numerosi studi però da tempo mostrano una realtà più complessa. Innanzitutto la distinzione dicotomica fra “droplets” e “aerosol” basata su un arbitrario cut-off del diametro è fittizia.

Diversi studi sperimentali hanno ormai dimostrato che una fonte di aerosol. Sia artificiale quale l’apparato sperimentale. Che naturale come la persona che respira e parla.

Ovvero tossisce o starnutisce. Produce una nuvola di particelle. Il diametro di tali particelle ed il relativo comportamento fisico è tale che si distribuiscono secondo un continuum.

Esso dipende da vari parametri e circostanze relativi sia alla fonte di emissione che all’ambiente.

Inoltre, anche il concetto secondo cui i droplets ricadono velocemente per gravità entro 1 metro dalla fonte semplifica in modo eccessivo la realtà.

Le analisi sperimentali hanno infatti sempre mostrato che possono raggiungere distanze maggiori, fino ad alcuni metri, e rimanere in aria anche per minuti.

Ne discende che anche una distinzione dicotomica fra patologie trasmissibili per droplets, e patologie trasmissibili per aerosol o via aerea, non è adeguata.

Infatti, in accordo con quanto rilevato per il comportamento di droplets e aerosol. Le evidenze scientifiche mostrano che molti virus respiratori si trasmettono attraverso tutte e tre le vie sopra richiamate.

Questo con un’importanza relativa di ciascuna di esse che varia a seconda delle circostanze specifiche.

Anche nel caso di SARS e di MERS gli studi pubblicati hanno documentato che almeno una parte delle trasmissioni sono avvenute per aerosol o via aerea. Ciò in proporzione variabile in relazione alle situazioni contingenti.

Mascherine FFP2 per la protezione intra – ospedaliera?

Per quanto riguarda COVID-19. Un recentissimo studio cinese ha rilevato particelle virali di SARS-CoV-2 sulla superficie del sistema di ventilazione della stanza di degenza di un paziente.

Questo riscontro supporta la possibilità di trasmissione dell’infezione anche a distanza mediante aerosol generati dal paziente.

Inoltre, sono stati pubblicati ripetuti case-reports. Questi segnalano trasmissioni avvenute per via aerea. Perfino nel caso di pazienti pre – sintomatici.

In conclusione, si deve considerare bene quanto segue. Per COVID-19 le osservazioni finora disponibili supportano una tesi. Cioè il fatto che, nelle situazioni extra – ospedaliere.

Cioè quando il contagio riguarda la popolazione generale. La modalità di trasmissione più rilevante è quella tramite droplets. Ovvero attraverso goccioline emesse dal soggetto contagioso. Sintomatico o non sintomatico.

Queste raggiungono gli occhi, il naso, la bocca, di persone molto vicine, e consentono l’ingresso dei virus.

Tuttavia la situazione intra – ospedaliera è molto diversa. In un reparto COVID-19 ci sono numerosi pazienti, quindi molti punti di emissione di goccioline infette.

Inoltre vi sono diverse e robuste correnti. Generate dagli apparati di ventilazione ambientale. Nonché dall’apertura e chiusura di porte.

Ovvero dal passaggio degli operatori sanitari e dai loro movimenti attorno ai pazienti. Ancora, dagli spostamenti di letti e apparecchi medici.

Queste circostanze aumentano in maniera importante i tempi in cui le particelle emesse dal paziente restano in sospensione. Quindi possono evaporare e di conseguenza ridurre il proprio diametro.

Venendo così trasportate a distanza notevole dalla sorgente. Per queste ragioni è giustificato sostenere che in ambito nosocomiale la trasmissione per aerosol o via aerea è molto più rilevante che in altri contesti.

Conclusioni

Concludiamo per ora qui questa analisi. Come sempre vi invitiamo a seguirci registrandovi alla nostra newsletter sicurezza!