Il RUP e le verifiche di sicurezza sul lavoro …
La possibile responsabilità del RUP in caso di infortunio sul lavoro è questione di primaria importanza.
Su questo si sofferma la sentenza Cass. Pen., Sez. IV, 28 luglio 2020, n. 22690. Vediamoci chiaro!
Chi è il RUP?
Come noto le Linee guida dell’ANAC n.3 disciplinano la nomina, il ruolo ed i compiti del responsabile del procedimento nelle opere pubbliche.
Le linee guida sul RUP sono di natura vincolante e tale disciplina verrà sostituita dal regolamento attuativo del Codice dei contratti.
Nomina del responsabile unico del procedimento
Per ogni procedura di affidamento di appalti pubblici, le stazioni appaltanti, con atto formale del Dirigente responsabile dell’Unità Organizzativa, individuano un RUP per le fasi della programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione.
Il RUP è individuato dalle pubbliche amministrazioni nel rispetto di quanto previsto dall’art.31 del Codice Appalti, tra i dipendenti di ruolo inquadrati come dirigenti o dipendenti con funzioni direttive.
Competenze professionali del responsabile unico del procedimento
Il RUP deve possedere capacità professionali e requisiti adeguati al compito da svolgere.
In particolare, il responsabile unico del procedimento è in possesso di adeguata esperienza professionale maturata nello svolgimento di attività analoghe a quelle da realizzare in termini di natura, complessità ed importo dell’intervento.
Nello specifico le linee guida n.3 ANAC individuano i requisiti che devono essere posseduti dal RUP nel caso di affidamenti di servizi e forniture. Ovvero un certo titolo di studio ed un’anzianità di servizio minima. L’esperienza deve essere nell’ambito delle attività di programmazione e progettazione. Nonché di affidamento o per le fasi di esecuzione di appalti e concessioni di servizi e forniture.
Il rapporto tra il RUP e l’offerta tecnica
In caso di procedura di gara che preveda l’affidamento dell’opera con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, competenza esclusiva della commissione giudicatrice è l’attività valutativa.
Il Rup invece può svolgere tutte le attività, anche non espressamente definite dal codice. A patto che non implicano l’esercizio di poteri valutativi. Ciò proprio in ragione della competenza generale e residuale.
Il RUP ha poteri di impulso rispetto agli organi della procedura di gara, istruttori e di supporto alla commissione giudicatrice, di coordinamento.
I compiti assegnati al RUP
I compiti del RUP sono eseguiti ai sensi della’ art. 31, comma 4, per le varie fasi del procedimento di affidamento. Altri compiti assegnati al RUP sono individuati nel Codice in relazione a specifici adempimenti che caratterizzano le fasi dell’affidamento e dell’esecuzione del contratto.
Ad esempio la verifica dei documenti amministrativi. Inoltre, per espressa previsione dell’art. 31, comma 3. Il RUP, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, svolge tutti i compiti relativi alle procedure di programmazione. Nonché progettazione, affidamento ed esecuzione previste dal Codice, che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi o soggetti.
La massima
Nel caso in esame, la Corte d’appello aveva confermato la condanna in primo grado, per la morte di un operaio, tra gli altri soggetti, del RUP e direttore dei lavori, incaricato dal committente di dirigere e coordinare l’esecuzione dei lavori.
In tema di cantieri, al soggetto che riveste il ruolo di “responsabile unico del procedimento amministrativo”, incombe l’obbligo della verifica delle condizioni di sicurezza del lavoro.
Ed infatti, al RUP compete non solo creare le condizioni affinché il processo realizzativo dell’intervento risulti condotto nei tempi e costi preventivati. Bensì anche nel rispetto della sicurezza e salute dei lavoratori.
In conformità a qualsiasi altra disposizione di legge in materia. Ma anche coordinare le attività necessarie alla redazione del progetto definitivo ed esecutivo.
Andando a verificare che siano rispettate le indicazioni contenute nel documento preliminare alla progettazione e nel progetto preliminare. Nonché alla redazione del piano di sicurezza e di coordinamento e del piano generale di sicurezza.
Infine, sempre al RUP spetta il compito di vigilare sulla attività. Di valutare il piano di sicurezza e di coordinamento e l’eventuale piano generale di sicurezza. Nonché il fascicolo predisposti dal coordinatore per la progettazione.
Sintesi della posizione di garanzia assunta dal RUP
Con la sentenza Cass. Pen., Sez. IV, 28 luglio 2020, n. 22690, la Corte di Cassazione si pronuncia.
In particolare. In una fattispecie nella quale la Corte d’appello aveva confermato. Per quanto di interesse. La sentenza di primo grado.
La quale aveva condannato per la morte di un operaio, tra gli altri soggetti, il responsabile del procedimento e direttore dei lavori, incaricato dal committente di dirigere e coordinare l’esecuzione dei lavori.
Aveva infatti ritenuto che sul RUP incombesse l’obbligo di verificare sia l’adeguatezza che la corretta applicazione del piano operativo per la sicurezza da parte dell’impresa affidataria dei lavori.
I Supremi Giudici hanno disatteso la tesi difensiva. Hanno affermato, invece, che non soltanto in diritto. Bensì anche in fatto l’imputato doveva ritenersi responsabile della morte dell’operaio.
Risultando comprovato che l’imputato si era concretamente ingerito nell’attività del cantiere, recandovisi più di una volta a verificare l’andamento dei lavori. Senza però accorgersi della presenza della vittima, che non solo non era indicata nel POS. Ma che non aveva ricevuto alcuna formazione per essere adibito alle mansioni svolte.
Il fatto
La vicenda processuale segue, come anticipato, alla sentenza con cui la Corte di appello aveva confermato la sentenza di primo grado.
Questa aveva condannato il RUP , direttore dei lavori affidati alla società esecutrice dei lavori. Si trattava di lavori di somma urgenza e consolidamento di un costone incombente su una pubblica via. Nonché coordinatore della sicurezza.
Il tutto per avere omesso, in violazione degli artt. 92 e 93, comma 1, lett. a) D.Lgs. n. 81/2008, di verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, il rispetto e l’applicazione del piano di sicurezza operativo (POS).
Al medesimo era contestato anche il reato di cui all’art. 92, comma 1, lett. a) D.Lgs. n. 81/2008.
Ciò perché, nella sua qualità di committente, responsabile dei lavori, direttore dei lavori e coordinatore della sicurezza di un cantiere dell’impresa esecutrice.
Non aveva verificato la corretta applicazione, da parte di essa, delle disposizioni contenute nel POS e delle relative procedure di lavoro.
In particolare con riguardo all’attività pulizia di una parete rocciosa e messa in sicurezza della stessa. Secondo i giudici di merito, gli imputati, tra cui il RUP, non avrebbero dovuto adibire la vittima.
Operaio dipendente dell’impresa esecutrice, con la qualifica di manovale edile. Più nello specifico con quella di fabbro, alle mansioni assegnategli. Riservate esclusivamente a rocciatori di provata esperienza. Così come contemplato nel POS.
In quanto i lavori venivano svolti su un costone roccioso impervio e contraddistinto da forti pendenze, da cui la vittima cadeva rovinosamente, decedendo sul colpo dopo un volo di 50 metri.
Il ricorso
Contro la sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato. In particolare sosteneva che, nel caso in esame, solo l’impresa esecutrice aveva provveduto a redigere il POS. Nonché a scegliere in autonomia gli operai.
Nel caso in esame inoltre si trattava di lavori di somma urgenza da realizzare con la procedura dell’appalto. Evidenziava poi che la sua estraneità ad ogni attività di vigilanza circa la sicurezza nel cantiere della società esecutrice risultava da altri tre documenti.
Il piano di sicurezza, l’atto di cottimo fiduciario e il capitolato di appalto. In particolare, non era riscontrabile nella condotta attiva od omissiva dell’imputato una qualsivoglia condizione causativa dell’evento lesivo.
Sottolineava che la Corte d’appello gli aveva contestato di non avere impedito che l’operaio salisse sulla parete rocciosa. Senza però precisare a quale titolo e in base a quale norma o pattuizione potesse effettuare una ingerenza in ordine alla formazione delle squadre operative.
Nonché alla capacità professionale degli operatori, in ordine, cioè, a compiti ed autonomie gestionali facenti capo normativamente e contrattualmente a soggetti diversi.
Sentenza e motivazioni
La Cassazione, nel disattendere la tesi difensiva. Ha affermato il principio riportato in massima. In particolare ha rilevato che non soltanto in diritto, ma anche in fatto, l’imputato doveva ritenersi responsabile della morte dell’operaio.
Poiché risultava comprovato che egli si era concretamente ingerito nell’attività del cantiere. Si era infatti recato più di una volta per verificare l’andamento dei lavori. Senza accorgersi della presenza della vittima, che non solo non era indicato nel POS, ma che non aveva ricevuto alcuna formazione per essere adibito alle mansioni svolte.
Precedenti giurisprudenziali
Quanto ai precedenti giurisprudenziali, il principio di diritto affermato dalla Cassazione merita di essere sottolineato. Ciò perché riveste particolare interesse con riferimento al tema affrontato. Anche per la modesta presenza di precedenti sul punto.
Per meglio evidenziarne l’importanza, deve essere qui ricordato come, secondo la giurisprudenza della Cassazione, sussiste a carico del RUP, ex art. 6 D.Lgs. n. 494/1996, una posizione di garanzia connessa ai compiti di sicurezza.
Ciò non solo nella fase genetica dei lavori, laddove vengono redatti i piani di sicurezza. Bensì anche durante il loro svolgimento. Nella quale ha l’obbligo di sorvegliarne la corretta attuazione.
Controllando anche l’adeguatezza e la specificità dei piani di sicurezza rispetto alla loro finalità, preordinata all’incolumità dei lavoratori.
Trattasi di principio che è stato anche di recente affermato nella giurisprudenza di legittimità. Si è infatti ribadito che il responsabile unico del procedimento, che nei lavori pubblici rappresenta il committente, è titolare di una posizione di garanzia connessa ai compiti di sicurezza non solo nella fase genetica dei lavori, in sede di redazione dei piani di sicurezza.
Bensì anche durante l’esecuzione degli stessi. Mediante un’attività di sorveglianza del rispetto di tali piani (Cass. pen., Sez. IV, n. 3742 del 29/01/2020, B., CED Cass. 278035).
Ciò rende ragione, dunque, della correttezza dell’approdo cui è pervenuta la S.C. nel caso in esame.