Valutazione dei rischi sul lavoro e interventi migliorativi
Come noto, il Testo Unico prevede, con riferimento ai contenuti necessari del documento di valutazione dei rischi sul lavoro, dei compiti ben precisi. Di cosa si tratta? Cerchiamo di capirne di più…
In particolare. Pensando alla relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza durante l’attività lavorativa.
In questa vanno specificati i criteri adottati per la valutazione stessa. E’ previsto che la scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro. Questo vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità. In modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di programmazione degli interventi aziendali e di prevenzione.
In particolare in attuazione delle misure previste dal d.lgs 81/08 si prevede che il DVR sia dotato di data certa. A questo collaborano il medico competente che porta avanti anche l’attività di sorveglianza sanitaria ed il responsabile del servizio di prevenzione e protezione rspp. Oltre a questo devono essere presenti nel DVR aziendale tutte le cose che sono richieste dalla normativa.
Sappiamo bene che quindi non è facile realizzare questo documento in modo pienamente conforme. Proprio per questo analizziamo oggi alcuni assunti ormai noti in giurisprudenza. Per cercare di evitare che possano ripetersi.
Indicazioni sulla valutazione dei rischi sul lavoro
La Relazione introduttiva al D.Lgs.106/2009 ha specificato a suo tempo la cosa. La proposta di modifica del comma 2 dell’articolo 28 evidenzia che la scelta del come scrivere il documento è rimessa al datore di lavoro.
Questo si assume l’onere di redigere il documento nella maniera più efficace. Senza dover seguire per forza un “formato” predefinito. Come dovrebbe fare se si considera l’adempimento in parola solo da un punto di vista formale.
Pertanto, in tal modo si sposta l’obiettivo in direzione dell’oggetto del documento di valutazione dei rischi sul lavoro, che è la programmazione della gestione della sicurezza.
L’indicazione proveniente dalla giurisprudenza rivolta ai datori di lavoro va dunque nella direzione di sollecitare una maggiore efficacia del DVR. Questo è infatti considerato quale documento che ha ad oggetto la programmazione della gestione della sicurezza. Nonché un approccio che non sia meramente formalistico nella stesura del documento stesso.
Sul tema della comprensibilità, ad esempio, in Cassazione Penale, Sez.III, 27 luglio 2017 n. 37412 la Corte chiarisce che lo scopo del documento di valutazione dei rischi.
La cui redazione si applica a tutte le lavorazioni (cfr. Cass.Sez.3, Sentenza n.33567 del 04/07/2012) è quello di costituire un elemento concreto per la protezione della salute. Nonché della sicurezza dei lavoratori in quanto in esso il datore di lavoro.
La valutazione dei rischi sul lavoro come programmazione per la sicurezza
Dopo aver valutato i rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro. Specificando pure i criteri adottati per la valutazione stessa. Procede a trovare le misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi di protezione.
Conseguenti alla valutazione suddetta nonché a formulare il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento, nel tempo, dei livelli di sicurezza (cfr. Sez.3, Sentenza n.23968 del 2011).
Ciò premesso. E’ molto interessante il punto in cui la Cassazione richiama il documento per la valutazione dei rischi sul lavoro. Afferma in particolare che il documento redatto dal titolare della ditta fosse a tal punto incompleto e confuso da non consentire ai lavoratori di comprenderne il contenuto. Quindi inidoneo a svolgere la sua funzione di spiegare i rischi specifici del lavoro e gli strumenti disposti per evitare che si possono realizzare.
Il tema della non idoneità del documento di valutazione dei rischi. Quale documento atto a rappresentare un reale strumento operativo di programmazione degli interventi aziendali e di prevenzione. E’ un tema che affonda le sue radici in tempi piuttosto lontani.
L’obiettivo della valutazione dei rischi sul lavoro
Se si pensa che già sotto la vigenza dell’ormai abrogato decreto 626 la giurisprudenza da un lato faceva a più riprese emergere la frequente assenza di tale idoneità del DVR a fungere da strumento operativo.
Circostanza collegata al prevalere di un approccio meramente formalistico. Dall’altro poi richiamava l’attenzione sulle ricadute che tale approccio poteva generare. Ciò in relazione alle conseguenti misure di tutela, ivi compresa la formazione.
Sotto questo profilo. Il pensiero corre alle parole di una nota sentenza del Tribunale di Milano (caso Galeazzi). Questa precisava a suo tempo i termini del rapporto intercorrente tra una valutazione dei rischi sul lavoro impostata in maniera solo formalistica e l’effettività della formazione e informazione. Ne quindi derivava in termini consequenziali le ricadute e le implicazioni concrete (Tribunale di Milano del 27 settembre 2002).
In questo caso. Il Tribunale di Milano rilevava in premessa come una corretta valutazione del rischio incendio doveva per forza prevedere la programmazione di misure preventive per ridurre la frequenza di accadimento.
Utilizzando strumenti di tipo tecnico/organizzativo (prevenzione oggettiva). Nonché di tipo procedurale derivanti da una adeguata informazione e formazione del personale (prevenzione soggettiva). Ovvero misure protettive finalizzate alla gestione dei rischi residui derivanti dall’attività preventiva.
L’importanza della informazione e formazione
Dopo aver ricordato che la formazione e l’informazione dei lavoratori e delle persone che frequentano a vario titolo un ambiente di lavoro (ad es. i pazienti) costituisce un obbligo fondamentale del datore di lavoro, con il supporto del servizio di prevenzione e protezione.
Si può anche fare ricorso alla formazione esperenziale. Questa ha ad oggetto i rischi e le misure per prevenirli e per proteggersi dagli stessi. Concludeva che giocoforza se tali rischi non sono stati valutati realmente. La prevenzione culturale (in)formativa non potrà mai conseguire il risultato effettivo di istruire i lavoratori e migliorare la loro attenzione.
Come a dire che presupposto per una effettiva e non formalistica attività di formazione e informazione è una effettiva. Nonché efficace e non formalistica attività di valutazione dei rischi sul lavoro. Secondo il Tribunale di Milano, questa consiste nell’assegnare un valore, un peso, una misura attraverso un’analisi tecnica. Nonché scientifica e gestionale.
Pertanto non può considerarsi tale una mera osservazione dei luoghi di lavoro o una generica descrizione delle attività che vi si compiono.
Addirittura, secondo il Tribunale di Milano, una meramente formalistica valutazione dei rischi può essere considerata persino dannosa per coloro che operano in azienda.
Ciò in quanto l’adempimento astratto, formale, o generico dell’obbligo de quo può risultare addirittura ingannevole per i dirigenti. Nonché preposti, lavoratori, operatori esterni, rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza etc. I quali ripongono un non realistico affidamento sulla inesistenza o genericità di un rischio che invece è ben presente.
La completezza del DVR
Chiudiamo con un breve cenno (pur non esaustivo) al tema della completezza del documento di valutazione dei rischi, citando una interessante sentenza (Cassazione Penale, Sez. IV, 23 gennaio 2008 n.3477) che si sofferma su un aspetto particolare legato alle misure di prevenzione e protezione da indicare nel DVR.
La Corte chiarisce in questa interessante pronuncia che nel contesto delle operazioni di valutazione dei rischi (che tengano conto delle peculiarità del caso concreto).
E’ possibile che il datore di lavoro ‘prudente ed accorto’ percepisca la necessità di ricorrere ad accorgimenti per così dire ‘atipici’. Ciò in aggiunta a quelli ‘codificati’, sulla base di un autonomo giudizio di prevedibilità ed evitabilità che suggerisce una particolare regola da adottare.
In casi del genere, è lo stesso ‘garante’ (datore di lavoro) ad avere, ai sensi dell’art.4, D.Lgs.n.626/1994 (ed ora art.28, D.Lgs.n.81/2008), il compito di ‘mettere per iscritto’ la regola cautelare.
Questa se non rispettata può fondare una responsabilità colposa. Essa infatti deve (o quantomeno dovrebbe) essere ricavabile dal documento contenente la relazione circa la valutazione dei rischi e le misure conseguenti.